Legno intarsiato
Con il termine legno intarsiato si intende una particolare tipologia di legno decorato. Il nome deriva dall’intarsio o tarsia lignea, una lavorazione che si realizza accostando altri pezzi di legno di piccole dimensioni e materiali di colori diversi (come ad esempio avorio, osso o madreperla) per ottenere un disegno, ripreso da un cartone che veniva spesso disegnato da pittori specializzati.
Lavorazione e usi
Per realizzare il legno intarsiato i pezzi vengono tagliati dall’artigiano in modo da combaciare perfettamente, mentre i colori si ottengono attraverso bollitura con sostanze coloranti o brunitura tramite ferri roventi, una metodologia utilizzata per ottenere toni molto scuri ed effettuata di solito dopo la posa.
L’intarsio viene impiegato nella decorazione di mobili e complementi d’arredo (come librerie o tavolini), per porte, oggettistica (ad esempio portagioie o cofanetti), per i rivestimenti – soprattutto delle sacrestie e degli studi privati – e per gli oggetti e gli arredi sacri. I soggetti dei disegni possono essere anche molto complessi e se si utilizza come materia prima della tarsia esclusivamente il legno non si parla più di intarsio ma di ebanisteria.
Storia
L’età dell’oro del legno intarsiato si colloca nel Rinascimento, tra il 1440 e il 1550, e fino a tutto il 1400 la tarsia rimase una forma d’arte esclusivamente italiana. La prima opera ad intarsio è un frammento del coro del Duomo di Orvieto che rappresenta l’Incoronazione della Vergine, che venne realizzato sicuramente prima del 1357 e che oggi è conservato nel Museo dell’Opera del Duomo.
Nella prima metà del Quattrocento a Firenze si diffusero le vedute prospettiche, secondo la moda dell’epoca, e tra il 1474 e il 1476 Baccio Pontelli realizzò un vero e proprio capolavoro ovvero lo studiolo di Federico da Montefeltro presso il Palazzo Ducale di Urbino. Nel Cinquecento invece progressivamente si abbandonarono i soggetti geometrici e prospettici in favore di soggetti pittorici: un esempio sono le tarsie del coro di Santa Maria Maggiore a Bergamo.
fonte: magazine.artigianoinfiera.it
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